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Quell'amara e dolce nostalgia canaglia…

  • LARA MINELLI
  • 2 ott 2021
  • Tempo di lettura: 2 min

Aggiornamento: 26 nov 2021

La presentazione: Figlio di un assassino del legale-scrittore Nicola Fiorin


di Lara Minelli, 02/10/2021


Figlio di un assassino. Suona forte e un poco sinistro. Non passano due minuti che ritorna il proverbio: «Buon sangue, anzi cattivo sangue, non mente». «Tale padre, tale figlio, d’altronde ce l’ha nel DNA». Ma siamo poi così sicuri che il colpevole e la vittima siano sempre al posto giusto?

«Le apparenze spesso non coincidono con la verità» esorta Nicola Fiorin in dialogo con Gianluca Gallinari, giornalista del Giornale di Brescia, ieri per Librixia in un Salone Vanvitelliano affollato, cambiato all’ultimo minuto per soddisfare le numerose richieste. È un po’ strano sentito da lui, l’avvocato penalista bresciano che nel tempo libero oltre alla vela e all’Inter scrive legal-thriller.

Il Figlio di un assassino (ed. Arpeggio Libero) è il settimo capitolo della saga Angelo Della Morte
«Sarà l’ultimo. Angelo ha già dato tutto. Era giunto il momento di lasciarlo andare. E l’ho fatto con un tema che mi è sempre stato molto a cuore: la legittima difesa»
Quattro storie che si incrociano in una trama fitta e complessa, dove non manca l’ironia e, come da ogni buon thriller che si rispetti, la suspense.
Ci si aspettava un’ordinaria lezione di giallo a metà tra lo Sherlock Holmes e l’avvocato in giacca e cravatta. E invece no, Fiorin colpisce più dei suoi assassini. E lo fa con parole di verità ed autenticità. Libertà, giustizia e democrazia, ciò in cui più crede (oltre all’Inter). Ricorda la Strage di Capaci, Falcone e Borsellino.

In tutto traspare una certa nostalgia
«Una leggera tristezza, il ricordo piacevole di ieri tra illusioni ed aspettative. La nostalgia è un sentimento nobile, mi piace molto, è il navigare senza una rotta precisa dentro sé stessi. È l’Infinito leopardiano»
Con la stessa nostalgia un poco canaglia ricorda la vita del paese d’infanzia. Proprio come Angelo Della Morte, quel bar dove ha scoperto la musica e l’amore per le birre scadenti. È il passato che torna, lo ieri che si affianca alla genitorialità e al senso della vita.
Altro che reati, delitti e contravvenzioni. C’è molto di più. Fiorin c’è riuscito ancora. E non solo con le arringhe in tribunale in giacca e cravatta. Ma con le pagine e le parole. Che sia vestito da avvocato o in tuta durante i lockdown o in t-shirt e bermuda in barca. Poco importa. Ognuno di noi dietro la storia di Angelo ritrova un pezzo di sé, ma ora deve lasciarlo andare. Ecco, sopraggiunge. È la nostalgia canaglia.

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