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«La bellezza salverà il mondo», forse

La pericolosa “deputinizzazione” del mondo della cultura italiana

di Lara Minelli, 02/03/2022


Foto: Instagram Paolo Nori


«Dovunque e in tutto io vado fino all’estremo limite. Durante tutta la mia vita io ho oltrepassato i limiti». Centocinquant’anni fa, ma anche oggi. Fëdor Dostoevskij aveva ragione. Si potrebbe dire che si conosceva bene. Oppure che conosceva fin troppo l’uomo (non a caso l’etichetta di psicologo).


Prima l’arresto nell’aprile 1849 con l’accusa di essere membro di una società segreta, tesa alla sovversione sociale e politica della Russia zarista. Poi una condanna a morte appena sfiorata (lo zar Nicola I gli concede la grazia), che diventa quattro mesi di esilio siberiano ai lavori forzati e quattro di arruolamento. Sempre per partecipazione ad attività eversive. Ma non è finita.

Dopo 170 anni Fëdor Dostoevskij fa ancora paura. E viene punito. O meglio, umiliato e offeso.

Questa volta da una delle più prestigiose università italiane, la Bicocca. Proprio lei che nella recente (settembre 2021) classifica del Times Higher Education ̶ World University Ranking (il ranking che valuta per didattica, innovazione, ricerca, impatto delle citazioni scientifiche, internazionalizzazione dello staff accademico e capacità di attrarre studenti stranieri, ndr) si riconferma una delle migliori (settima in Italia, settantaquattresima nel mondo).


«Caro professore, il prorettore alla didattica ha comunicato la decisione presa con la rettrice (Giovanna Iannantuoni, ndr) di rimandare il percorso su Dostoevskij. Lo scopo è evitare qualsiasi forma di polemica, soprattutto interna, in questo momento di forte tensione». Poche righe, capaci di scatenare in meno di dodici ore il cosiddetto “caso Bicocca”.


A farne le spese ̶ oltre a Dostoevskij e solo per qualche ora ̶ Paolo Nori, penna raffinata (finora ha scritto più di cinquanta romanzi; l’ultimo Sanguina ancora. L’incredibile vita di Fëdor M. Dostoevskij, ed. Mondadori), traduttore, blogger e stimato accademico (insegnante di Traduzione editoriale della saggistica russa alla Iulm), chiamato dalla stessa Bicocca (prima dell’invasione russa in Ucraina, si intende) a quattro appuntamenti attorno al genio russo che fa tanto discutere.


Ma il corso viene sospeso ̶ almeno temporaneamente. «Per evitare qualsiasi forma di polemica». Suona strano se detto da un centro di istruzione. Tanto più quando stellato come la Bicocca. Ecco che la domanda sorge spontanea:

Cosa dovrebbe fare la scuola se non educare il pensiero?

Si inaspriscono gli animi e sollevano dibattiti? Bingo, finalmente menti illuminate che si spingono oltre le sfide su TikTok! E invece no, Dostoevskij pare una minaccia. E questo davvero è ancor più raccapricciante. Lui, uno dei più grandi scrittori di tutti i tempi ̶ e non solo russi. Giornalista, filosofo, teologo, persino profeta per alcuni. Ma soprattutto un libero pensatore come pochi. Sempre al limite, anche a discapito della stessa vita, come si è già detto.


Pochi ̶ o forse nessuno ̶ come lui hanno saputo interpretare e raccontare l’uomo e la storia. Le luci e le ombre. Nello spazio e nel tempo. Tra vita e morte. Letteratura e verità. Bene e male. Fede e ateismo. Russia ed Europa. Proprio così, l’amata Russia e il suo popolo. Un doppio che ritorna, non solo nei personaggi: Occidente e Oriente, Europa e Asia (e Stati Uniti aggiungeremmo oggi). Libero arbitrio e libertà. Dostoevskij non ha mai smesso di parlare all’uomo e alla sua anima. Ma forse proprio per questo fa così paura. Oltre al fatto, dopo questi giorni, che è russo. Perché forse è proprio questo il punto. Nori nella diretta Instagram dopo aver appreso la “scomunica”: «La paura che fanno i russi sta prendendo dimensioni singolari».

«Essere russo è diventata una colpa»

Foto: Instagram Anna Netrebko


E l’apri e il chiudi il sipario degli ultimi giorni nel mondo del teatro (La Scala, ndr) sembrerebbe la dimostrazione. Una sorta di campagna punitiva (pu-ni-ti-va, Pu-tin: se eliminiamo -iva le stesse sillabe, pare un rebus) del teatro. Prima Valery Gergiev, il maestro (ed oligarca) russo, ben presto sostituito per non aver preso le distanze dalla guerra. Poi il soprano Anna Netrebko che ha deciso di fare «un passo indietro. Non è per me il momento di fare musica e di salire sul palcoscenico». Tutti e due diventati nel giro di poche ore “casi”: il caso Gergiev e il caso Netrebko. E adesso è la volta de “il caso Bicocca”.


Ma historia magistra ed ecco dietrofront ufficiale con tanto di spiegazioni ed invito per un caffè. Perché secondo la rettrice, Giovanna Iannantuoni, «si sarebbe trattato di un malinteso. Il corso si terrà come previsto». Anche se è Nori adesso, forse, a non starci: «Non so se voglio andare in un’università che ha immaginato che Dostoevskij sia qualcosa che genera tensione. Ci penso e poi rispondo con calma». Un caffè stavolta un po’ troppo amaro.

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