Ristorazione: in fumo il 40% del fatturato annuo, ma i fratelli Cerea si lanciano in nuove sfide
- LARA MINELLI
- 14 nov 2021
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 14 dic 2022
di Lara Minelli, 14/11/2021, esercitazione per Executive Master RCS Academy
Francesco: «La pandemia ci ha preso a pugni. Ma l’importante è risalire e dirsi che non è finita»

Foto: Francesco Cerea sito
Non ci sono dubbi, anche in una situazione di emergenza come la pandemia, i fratelli Cerea si riconfermano l’esempio perfetto di imprenditorialità all’italiana, capace di adattarsi in uno scenario in continua evoluzione. Non solo resilienza, ma anche flessibilità e grandi capacità di trasformare in opportunità. Quanto a creatività, problem solving e autodeterminazione non sono secondi a nessuno.
Il settore della ristorazione oggi è tra i più dinamici e attivi dell’economia italiana con un impatto sul PIL nazionale pari al 25%. Se poi si è anche stellati (Guida Michelin: ad oggi 371 in Italia, di cui solo 11 i trestellati, tra cui Cerea) il fatturato sale (Fipe: nel 2018 il totale si aggira sui 293 milioni di euro, 60,3 milioni solo per i tre stelle). L’ultimo anno e mezzo ha inferito un pensante contraccolpo, mandando in fumo circa il 40% dell’intero fatturato annuo (Fipe: 38 miliardi di perdite, sfiducia ai massimi storici).
Francesco Cerea (dei cinque fratelli il responsabile della ristorazione esterna, degli eventi e della cantina): «La perdita c’è stata anche per noi. Presentando un servizio per le persone, è normale aver avuto un meno 70%. La pandemia ci ha preso a pugni. Ma l’importante è risalire e dirsi che non è finita». Mentre si aspettavano i piani della ripartenza e i sussidi del governo («Qualche sussidio è arrivato, ma non è questo il punto»), i Cerea decidono, nonostante tutto, di lanciarsi in nuove sfide: «È nei momenti difficili che è meglio investire». E non guardano solo a casa propria (lo storico Caffè Pasticceria Cavour diventa un’accogliente locanda; vertical farming a km 0 con La Cantalupa), ma anche al giardino del vicino e del lontano: dopo St. Moritz, Shanghai, «la nuova New York asiatica che non si è mai fermata». L’anno prossimo: Macao, Vietnam, Parigi. Una galassia Cerea in continua espansione a cui si aggiungono importanti collaborazioni con Atalanta Club, Allianz Stadium, Esselunga in produzione know-how in pasticceria tra gli altri e consulenze gastronomiche nel mondo.
I Cerea hanno pensato a tutto (e tutti) per creare una normalità che «oggi non è ancora normale». Un 2021 che non si può paragonare al 2019, «l’anno migliore di sempre», ma che comunque, «grazie al fieno messo in cascina, ci ha permesso di investire e pensare a nuove strategie per prepararci a nuovi temporali». Puntare sulla delivery ha aiutato, «prima del Covid-19 nemmeno esisteva. Ma è stata solo una breve parentesi. Durante l’emergenza abbiamo fatto di tutto: piatti pronti, menù diversificati, ricette, video. Un modo per dire ci siamo, non vi abbiamo dimenticati. Ora la gente ha voglia di uscire. Lo dimostrano le liste di attese di 3-4 mesi». Diversificare anche con asporto, e-commerce, persino formule gift. Un esempio ereditato da papà Vittorio, pioniere del catering negli anni ’70. «Adesso il catering è ripartito, settembre è stato di fuoco, ma non si hanno ancora i numeri che vorrei. La gente ha ancora paura». Ma il vero asso per il jackpot resta Da Vittorio, la punta di diamante: «Il ristorante con più margine di ripresa, che ci permette di metterci in gioco su tutti i fronti. Sono le donne di casa Cerea a gestire. Fanno un ottimo lavoro. Ognuno di noi è un tassello che fa funzionare la macchina».
Per i fratelli Cerea le stelle sono importanti, ma non fondamentali: «Si può anche essere un ottimo ristorante senza». Tante stelle quante le spese: «Un valore aggiunto che richiede grandi investimenti e scelte. Tra queste il personale: non è solo lo chef che fa la stella, ma tutto il sistema. Sceglierlo bene con lo staff resta primario, ma è anche rischioso quando ti ritrovi con 180 dipendenti e capitano periodi come il Covid-19. Si deve trovare il giusto compromesso e mettersi in gioco più degli altri, tenendo presente che sei la F1 che corre in 12 auto anziché 3». Piedi per terra, maniche rimboccate e sguardo fiducioso al domani, ma «per dire se sarà un buon Natale, aspettiamo qualche giorno. Intanto una cosa la so, il cenone lo sarà di certo. Insieme tutta la famiglia Cerea, la cosa più bella».
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