Quell’ultimo volo da Kiev prima delle bombe
- 1 mar 2022
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 7 set 2022
Elena: «Solo qualche ora dopo. Ancora non ci credo»
di Lara Minelli, 01/03/2022

Foto: Pixels
Quella smorfia e le risate di quella sera. Qualche bicchiere di vino e una tavola imbandita. È un appuntamento fisso ormai, una-due volte l’anno. La cena con gli amici d’infanzia, con cui si giocava nelle strade. O si faceva la fila per i cioccolatini ai tempi del Comunismo. Poco dopo di quella serata solo il ricordo. È il 24 febbraio. La Russia invade l’Ucraina.
«C’è un’immagine fissa che mi tormenta: il viso del marito della mia amica alla mia provocazione ̶ mi piace scherzare: “Se scoppia la guerra, basta mogli isteriche, per un po’ staremo buone”. Mi sono pentita così tanto per quella frase. Non avrei mai immaginato che sarebbe successo davvero. Qualche ora dopo». Ripete: «Solo qualche ora dopo». La voce si spezza. Elena, una giovane donna ucraina che ha lottato per ogni conquista. Prima la Germania, poi Brescia: «Sono quindici anni ormai». Oggi ha un figlio e un altro in affido. Un ristorante e il sorriso di chi ce l’ha fatta, ma prima ne ha viste tante.
«Potevo essere con loro. Sono tornata a Brescia all’una di notte. Dopo tre-quattro ore Kiev era sotto le bombe»
È stata la voglia di festeggiare il compleanno con la mamma, i figli e il marito a Brescia a convincerla a tornare, altrimenti Elena sarebbe rimasta ancora qualche giorno. «Mia mamma piangeva, aveva paura che scoppiasse la guerra. Ma non noi: Putin ha sempre detto tante cose; i conflitti ci sono da otto anni (la guerra del Donbass, ndr), cosa poteva cambiare? Ero serena. Lo eravamo tutti». Anche al ritorno, la notte del 24, quando prende il volo da Kiev, non sapendo che sarebbe stato l’ultimo.
Alle 6.30 squilla il telefono, pensa sia l’amica per gli auguri. Sullo schermo decine di messaggi degli amici della cena:
«“Stanno bombardando Kiev. Siamo in guerra”»
«Non ci potevo credere, la Russia è per noi una sorella. Non siamo popoli diversi. Prima se mi scambiavano per russa, non mi offendevo. Ma dopo questo, tutto cambia. Mi sembra di essere in un film dell’horror». Racconta come l’angoscia e il senso di impotenza uccidano. Più volte ha pensato: «Arruolarmi? Amo l’Ucraina, ma qui ho la mia famiglia. Forse potrò essere più utile inviando soldi, ne avranno tanto bisogno. La situazione è un po’ migliorata negli ultimi anni, ma la strada è lunga» .
«Povertà, corruzione, alcolismo e tossicodipendenza non si sconfiggono facilmente. E dopo questa guerra sarà peggio»
Si commuove al pensiero degli amici nei seminterrati che organizzano la resistenza: «Sono proprio loro a darmi la forza. C’è chi prepara i panini. E chi le molotov. I clochard raccolgono le bottiglie per strada e le donne le trasformano in esplosivi. Ora il marito della mia amica, con cui scherzavo, è in ospedale. Sta salvando vite». Pausa. «E sì che non sono mai stata così sentimentale», scherza. Inutili i tentativi di convincere le amiche a lasciare il Paese: «Le avrei ospitate io intanto. Hanno figli, pensavo che avrebbero accettato. E invece no: “Verrò solo se la Russia vincerà. Adesso servo qui. Non lascio la mia città”». È l’immagine di un popolo forte e unito. Proprio come il suo presidente, Volodymyr Zelens'kyj, in t-shirt militare che beve il caffè e parla con il cuore. Gladiatori nella fossa dei leoni.
«Sono positiva. L’Ucraina ce la farà, grazie anche all’aiuto del mondo. Non era mai successo finora. E quel giorno sarà stupendo ̶ sorride, il volto si illumina, poi si incupisce ̶ Nelle guerre non c’è mai un vincitore. Quando ti uccidono un figlio o il marito, la tua vita è finita. E non ti importa se a vincere è il tuo Paese o l’altro. Perché è in quel momento che inizia la “tua” guerra».
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