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L’11 settembre 20 anni dopo: i morti e i costi della “guerra al terrorismo”

di Lara Minelli, ottobre 2021, inchiesta per Executive Master RCS Academy - Corriere della Sera
Foto: US Marines in Afghanistan, fonte US Marine Corps

11 settembre 2001: l’inizio di una piaga insanabile
«Non sarà una battaglia, ma una lunga campagna come non abbiamo mai visto». La previsione di George W. Bush si è avverata. È la “guerra al terrorismo” che lui stesso ha battezzato e che più tardi Obama chiamerà “operazioni d'oltremare". Soprattutto Afghanistan, Pakistan, Iraq, Syria e Yemen negli anni. Una delle guerre più lunghe e costose della storia degli Stati Uniti. L’11 settembre: un attacco al cuore dell’America con costi di vite umane e non a carattere globale. 20 anni dopo Biden inverte la rotta: «è finita l’era delle grandi guerre».

Quanto è costata finora la guerra al terrorismo? Come si muoveranno i numeri? Neta C. Crawford, Stephanie Savell e Catherine Lutz, accademici e co-direttori del Costs of War Project del Watson Institute for International and Public Affairs e della Brown University insieme a Jason W. Davidson, professore di Scienze Politiche e Affari Internazionali all'Università Mary Washington hanno raccolto le cifre e provato a dare delle risposte. Le fonti principali: il Dipartimento della Difesa, l’ONU, le ONG e i governi dei Paesi coinvolti. Sotto la lente di ingrandimento: 20 anni, settembre 2001 - agosto 2021.

C’era chi provava a fare i conti: Barbara Lee. L’unico “no” alla guerra
14 settembre 2001. Il sangue pulsa caldo nelle vene. L’approccio militare appare l’unico modo per rendere giustizia. Non si possono stimare con veridicità i futuri numeri di vite umane e costi. Si conosce solo il dato delle vittime dell’attacco: quasi 3.000. Tutte innocenti. Il Congresso degli Stati Uniti approva l’AUMF (Autorizzazione all'uso della forza militare), il 18 diventa legge: il presidente degli Stati Uniti ha l'autorità di usare tutta la «forza necessaria ed appropriata» contro chi ha «pianificato, autorizzato, commesso o aiutato gli attacchi dell'11 settembre». È quasi unanimità totale: 98 a 0 al Senato, 420 a 1 alla Camera. A dissentire solo Barbara Lee, texana d’origine, californiana poi. Dal 1998 rappresenta la East Bay al Congresso. «No ad un assegno in bianco» al presidente Bush e ai suoi successori «per attaccare un Paese non specificato, un nemico non specificato, per un periodo di tempo non specificato». Un “no” alla guerra che arriva deciso e forte da una figlia di un tenente colonnello dell’esercito. Un’americana che stava soffrendo come la sua nazione. Subito le minacce e gli insulti: «Traditrice, sei la vergona dell’America, l’anello debole». Ma forse la Lee aveva solo provato a fare i conti contro un nemico pressoché sconosciuto.

Quasi 1 milione di morti dirette. Sono i civili a pesare di più
Un lungo tributo di vite umane che continua ad allungare la lista: prima le migliaia di vittime dell’11 settembre, oggi le centinaia di migliaia con la guerra al terrorismo in suo nome. Un totale di 897.000 persone tra forze armate americane, alleate, locali e dell’opposizione, contractors, ONG, giornalisti, operatori media e civili. Un numero che può diventare facilmente 929.000, se non addirittura superare il milione. Di questi: 176.206 in Afghanistan e quasi il doppio in Iraq (circa 300.000).

Secondo Savell: «Le statistiche rifletterebbero solo una frazione del danno e della portata della guerra al terrorismo. È difficile stabilire con esattezza, tanto più se in termini di vittime civili». Sono questi ultimi a pesare di più: 387.072, di cui 46.319 in Afghanistan e un numero che si quadruplica a circa 208.000 in Iraq. Questi i dati delle morti dirette, a cui andrebbero aggiunti quelli delle indirette, che secondo Crawford resterebbero «il killer più grande» .
15.000 le vittime statunitensi (forze militari, contractors e del dipartimento della difesa), di cui 6.200 in Afghanistan e 8.200 in Iraq. Sono numeri che colpiscono sempre l'opinione pubblica americana, ma che sulla bilancia pesano meno rispetto alle morti civili. Crawford: «Possono sembrare stime precise, ma sono inesatte. Conoscerle con certezza è impossibile, anche perché ci sono troppe forze ed interessi politici in gioco». Ai dati sarebbero da aggiungere inoltre i circa 30.177 militari in servizio e i veterani di guerra statunitensi morti negli anni per suicidio: quattro volte di più di quelli morti in combattimento. Savell: «La gente non può conoscere il trauma mentale che accompagna una guerra così lunga”. Numeri quindi che possono solo crescere, perché il totale delle morti della guerra al terrorismo “non lo sapremo mai con precisione».

Da 20 anni costi globali che non finiscono

A maggio l’amministrazione Biden ha chiesto per il nuovo anno fiscale 2022 quasi 6.000 miliardi di dollari per reagire agli attacchi dell'11 settembre. Numeri da capogiro per una spesa che dal 2001 guarda all’anno prossimo e che copre tutti i costi diretti ed indiretti dopo l’11 settembre: gli stanziamenti e l’interesse per le operazioni nelle zone di guerra, le spese aggiuntive sostenute dal Dipartimento della Difesa e dal Dipartimento di Sicurezza Nazionale e in risposta al terrorismo. A questa si aggiungono 2.200 miliardi di dollari per l'assistenza sanitaria e l'invalidità dei veterani, proiettata al 2050. In questi termini il bilancio della guerra al terrorismo sale a più di 8.000 miliardi. Numeri che impressionano, ma che non riflettono totalmente l’entità dei costi e delle conseguenze delle guerre post 11 settembre.

A questi andrebbero aggiunti: gli interessi sui prestiti di guerra, gli aiuti e l’assistenza umanitaria in Afghanistan e in Iraq, le spese per pagare gli alleati, i costi delle persone dispiegate oltreoceano e il denaro fornito per i risarcimenti. Davidson: «Non c’è un’unica stima del governo degli Stati Uniti. Questi sono conti parziali della guerra al terrorismo». Dire come Biden: «Abbiamo speso più di mille miliardi di dollari» è corretto, ma in parte. Giustifica solo quanto stanziato per la guerra in Afghanistan, ma tralascia altri costi importanti che pesano a bilancio, come quelli dell’assistenza dei veterani. Un costo che continua a crescere ed esistere anche se nel frattempo Biden ritira le truppe dall’Afghanistan e dall’Iraq.


Biden: «È finita l’era delle grandi guerre. Si cambia rotta»
Dal sostegno come senatore del Delaware al Congresso 20 anni fa per l’avvio della guerra al terrorismo, oggi Biden, presidente degli Stati Uniti volta pagina ed inverte la rotta: «Gli Stati Uniti non dimenticano e non perdonano (rivolgendosi ai militanti Isis-K e ai terroristi), pagherete il vostro prezzo, ma è giunto il momento di mettere fine all’era delle grandi guerre». Una lotta al terrorismo che continua, ma con un approccio che si dice “nuovo”. Il 31 agosto 2021 l’ultimo militare americano lascia l’Afghanistan dopo 20 anni: la guerra più lunga della storia americana. Entro la fine dell’anno anche in Iraq: «Si passerà alla consulenza, all’addestramento e alla sola condivisione dell’intelligence». «Basta guerre infinite. Devo difendere l’America non dalle minacce del 2001, ma da quelle di oggi e di domani: Cina e Russia». Una linea che intraprende con fermezza e che riflette i bisogni del suo elettorato, stufo di 20 anni di guerre e dispendio di costi e vite umane.

La guerra (in)finita. Barbara Lee l’aveva predetto
Una guerra infinita che si annuncia prossima alla fine. Da un lato gli Stati Uniti ritirano le truppe, dall’altro continuano le operazioni antiterrorismo in tutto il mondo, i tanti programmi nell’ombra e gli attacchi con i droni. I numeri delle morti civili non si azzereranno, così come i costi per l’assistenza ai veterani e gli interessi sui prestiti di guerra. Sarà un approccio nuovo o una minestra riscaldata? La guerra al terrorismo è stato il modo migliore per raggiungere l’obiettivo e proteggere il Paese? Quanto ne è valsa la pena? Sono domande che a sangue caldo è difficile porsi. 20 anni fa Barbara Lee ci aveva provato. Ma nessuno l’ha ascoltata. Ogni Paese quando entra in guerra crede sempre di poter vincere e controllare le conseguenze, i costi e le vite umane. Ma la storia insegna come raramente la guerra va come previsto. E questo non vale solo per la guerra al terrorismo.

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