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Femminicidio. La storia di Nancy: tanto dolore dietro un sorriso

«Quella sospirata serenità»

di Lara Minelli, 29/11/2021

La storia - Approfondimento inchiesta per Executive Master RCS Academy - Corriere della Sera


Foto: Nancy, Facebook

Passare davanti alle vetrine e sgranare gli occhi per quel vestito: «Mi starebbe proprio bene. Quel colore è fantastico, ma non posso». Essere costretta a rifiutare gli inviti degli amici: «Anche un aperitivo o un caffè». Scegliere se comprare un libro: «Serve per l’università, devo acquistarlo». Non avere i soldi per portare un fiore sulla tomba dei genitori. Perché il papà e la mamma di Nancy sono morti. Otto anni fa.


Era la festività dell'Assunzione, ma non un Ferragosto qualunque. Nancy non è andata in spiaggia a festeggiare con gli amici. Perché quel giorno il padre ha ucciso la madre e poi si è tolto la vita. In un attimo Nancy ha perso tutto: sono rimasti solo i fratelli. Aveva diciannove anni, la sorella ventuno e il fratello quattro: «Oggi ne ha dodici – sorride teneramente ed esclama – Mamma mia come cresce! Ora vive con mia sorella e il suo compagno. Insieme sono una famiglia stupenda».


Dopo poche settimane Nancy doveva iniziare l’università. Scienze infermieristiche come la mamma. E invece no, «Giurisprudenza a Ferrara. Quello che è successo mi ha stravolto la vita».


«Volevo toccare con mano il problema, conoscere una legge per la quale noi orfani non esistevamo. Non riuscivo a capire come dopo tutti gli anni e le denunce fossimo ancora allo stesso punto. Sognavo di diventare magistrato»

Oggi Nancy ha ventisette anni, vive a Milano con un «uomo che amo da morire e mi fa stare bene. Ho abbandonato la paura iniziale di legarmi ad una persona che poteva poi rivelarsi diversa. Sono riuscita a fidarmi ed innamorarmi così profondamente come non avrei mai immaginato». Non è magistrato, ma grazie alla laurea in legge ha un prestigioso lavoro in banca: «Quando l’anno scorso ho firmato il contratto indeterminato non ci credevo: com’è possibile a me? Proprio a me? Perché effettivamente mi sono sempre sentita un po’ – pausa – diversa. Gli anni dell’università sono stati difficili, una lotta continua con la vita. Ogni cosa diventava una scelta. Pensavo che non avrei mai raggiunto una stabilità economica.

Quel contratto mi ha cambiato la vita: esserci per i miei fratelli. Per la prima volta dormire la notte serena, cosa che fino a quel momento non potevo, la paura di non farcela mi soffocava. Sembra una cosa banale, è un contratto. Ma per me ha significato tantissimo. Ho pianto una settimana dalla gioia» – Nancy ancora si emoziona, gli occhi brillano, mentre un sorriso illumina il volto.


Nel ricordo dei genitori e del pesante periodo del dopo, il sorriso a poco a poco si spegne. Cala il tono di voce – «Una situazione peggiore non esiste – scuote la testa, lancia la pallina antistress da una mano all’altra – È un dolore indescrivibile che non passerà mai. Tutto crolla. Non senti più la terra sotto i piedi. Ti senti perso. Ti chiedi il perché. Non sai più chi sei, dove devi andare».


«Quando accade non esisti più per nessuno. Anche i parenti si allontanano, tutti tornano nella loro normalità. Nessuno ti chiede: “Come stai? Come ti senti?” Perché non interessa»

Un messaggio di positività e coraggio quello di Nancy, una capacità di resilienza ammirevole («Ricominciare significava guardare dentro di me: era lì che dovevo lavorare. Ho trovato le risposte nel senso che volevo dare alla mia vita. Ho lottato tanto, non è stato facile») e una forza indescrivibile, che ha scoperto nell’unione con i fratelli («Vorrei dire a tutti quei ragazzi, che hanno fratelli, di stare uniti. Sarà la forza della loro unione a farli vincere su tutto. Noi siamo l’uno il pilastro dell’altro. Insieme una cosa sola. Una famiglia»).


Più che rabbia Nancy esprime tanta delusione e incredulità per uno Stato assente, ieri e oggi: «Non capivo perché non potesse aiutarci. Bastava anche poco: “State tranquille, andrà tutto bene”. E invece niente. Ci siamo dovute arrangiare da sole. Chi non vive questo dramma, non può capire. Ecco leggi che non rispondono alle nostre esigenze».

«La Legge n.4 2018, cartastraccia»

«Sono trascorsi otto anni dai miei genitori, ma concretamente non è cambiato nulla. Né la condizione economica, né quella lavorativa, nemmeno quella umana. Niente».


Eppure nonostante tutto Nancy si dice fiduciosa. Crede ancora nella giustizia e in una nuova normativa: «Prima o poi cambierà davvero. Ci sarà qualcuno che deciderà di prendere in mano – sospira, sguardo in alto – un problema enorme come questo e farne qualcosa di concreto. Io ci credo e spero che accada. E se non sarà così – allarga le braccia – l’importante sarà averci provato. Ognuno a modo suo. L’unione fa la forza. Sempre».


Con il sorriso sulle labbra Nancy spiega come questi ultimi due anni siano stati importanti: «Mi sono laureata, ho un lavoro che mi piace molto, un indeterminato, l’uomo della vita. Ce l’ho fatta. Ho raggiunto tutto quello che ho sempre desiderato: la tranquillità. Se mi guardo allo specchio, so che mia madre sarebbe orgogliosa di me e dei miei fratelli.

A volte mi chiedo perché tutte queste gioie a me. Felice fino in fondo non potrò mai esserlo. Ma nonostante tutto, mi reputo una ragazza fortunata. Perché camminando per strada oggi finalmente sorrido».

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